RENATO ROBLEDO

Renato Robledo

 

Gioco della carta – Agile

Licita – sospesa

Presenza al tavolo – soffice

Simpatia – nu babà

 

Ha avuto la fortuna di fare il suo primo torneo importante con Nonnis e vincerlo, con relativa coppa, che conserva per questioni di credibilità. Non si conoscevano bridgisticamente e quindi non hanno avuto fraintendimenti e non hanno reiterato l’esperimento. Pur avendo mosso i suoi primi passi all’ombra di Anichini, è riuscito nel tempo a liberarsi di tutti i cascami e torbidezze di quella che è una vera e propria scuola, che ti convince a prendere in esame la frequentazione di un corso con Zanardi per il recupero anni. Per quello Renato, visti anche i buoni risultati conseguiti successivamente, ancora adesso ogni tanto rigioca con Maurizio, non per un fatto sentimentale, ma come fosse un trampolino elastico che ti porta a nuovi balzi tecnici.

E lo teorizza anche, riporto le sue parole traducendole dal napoletano “Come dicevano i latini: veritas citius emergit ex errore”, citius vuol dire più velocemente, e Anichini in questo è prodigo, diciamo pure orgoglioso di entrare comunque in una citazione latina, che sembra creata appositamente per lui.

Lui, Renato, non parlo più di Maurizio, e mera ‘e cosa, è il compagno che tutti vorrebbero di fronte, gradito anche se seduto a fianco. Gradito anche come angolista, o semplice frequentatore di circolo. Napoletano atipico, secondo abusato clichet, appare come un napoletano sorvegliato, misurato e asciutto, che agisce quasi sotto copertura, defilato, in maniera talmente contrastiva che anche in una retata di Gomorra lui non verrebbe preso, ma soltanto attenzionato perché troppo sospetto nella sua diversità. Comunque, pur nella diversità apparente, come tutti i napoletani, conosce a memoria “A livella” di Totò e in privato si ascolta i neomelodici.

Non rimprovera mai il compagno, non lo sentirete mai sfogarsi o addebitare a lui certi qui pro quo, o meglio lo fa ma a modo suo, cioè mai aspro e men che meno avvilente, per farvene un’idea pensate a Serafino, e apprezzerete al meglio la differenza. A lui basta una domanda, fatta col tono di chi chiede gentilmente una via a un passante: ”Perché hai giocato picche?”, come se fosse un qualsiasi problema di preferenze. Oppure “Perché non ti sei fatta le quadri buone?”. L’altro, come per una folgorazione tardiva si rende conto di quello che è successo, capisce che le quadri erano buone, si scusa e spesso lo ringrazia.

Questo non vale solo con Anichini, col quale c’è il pericolo che ti arrivi sempre una risposta che ti spiega il perché, che rimanda ai grandi misteri esoterici del bridge rispetto ai quali le scie chimiche e il terrapiattismo sono dei banali passatempi.

 

Prossimo appuntamento con…

FABIANA BAIRE

   
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